venerdì 24 luglio 2015

OnExpo | Nicolò Riva



In qualità di Project Manager del Padiglione della Repubblica Ceca - opera del duo di architetti Chybìk+Kristof - ci descrive come è stato coinvolto in questo progetto e come lo ha gestito?

Il Commissario Generale della Repubblica Ceca, Jiří F. Potužník, aveva bisogno di un tecnico italiano – possibilmente architetto – con buona conoscenza dell'inglese, che fosse in grado di fare da interfaccia fra il team ceco ed EXPO. Il console ceco a Milano, che conosco da tempo e con cui sono legato da grande stima reciproca, conoscendo i miei trascorsi internazionali – ho lavorato per diversi anni come architetto e capo-progetto in Olanda – mi ha perciò segnalato al commissario, insieme all'arch. Francesca Aletti, specialista in architettura degli interni. 

La gestione del padiglione è stata una collaborazione fra Francesca e me, con Francesca a gestire la situazione in ufficio ed io maggiormente “sul campo”, nelle riunioni con il team di lavoro (Commissariato Generale, progettisti, ingegneri, costruttore, imprese) ed EXPO. Nella fase cantieristica, poi, ho rivestito anche il ruolo di “Technical Supervisor”, figura professionale incaricata di gestire il funzionamento del cantiere insieme al direttore-lavori e al capo-cantiere, e responsabile dei rapporti con il personale di cantiere EXPO.

Il progetto per il Padiglione si avvale di moduli Koma che prevedono un sistema di costruzione progressivo. Ci spiega in cosa consiste il sistema costruttivo adottato?

L'azienda KOMA ha sviluppato un sistema costruttivo modulare estremamente avanzato, che ci ha permesso di concludere il padiglione per primi: l'assemblaggio dei moduli è stato terminato in sole tre settimane. Ogni modulo, della dimensione di 9x3x3 metri e consistente in due impalcati e 4 montanti in acciaio, è stato prodotto in Repubblica Ceca nella fabbrica modello della KOMA, assemblato per controllare tutte le corrispondenze, smontato, impacchettato e spedito a Milano su camion di media grandezza. Una volta arrivato in situ, ogni modulo è stato ri-assemblato (operazione che richiede circa 30 minuti), e quindi sollevato con un'autogru nella sua posizione definitiva. 

I vari moduli, che sono autoportanti, sono resi solidali fra loro tramite l'utilizzo di staffe e bulloni di acciaio, quindi rivestiti in cartongesso per renderli resistenti al fuoco. Tutto il padiglione è modulare, tranne i plinti di fondazione – gettati in opera – e l'impalcato in acciaio del piano terra, realizzato per KOMA da una carpenteria piemontese. I moduli esterni sono stati  poi tamponati con pannelli in acciaio coibentato oppure con grandi serramenti vetrati.

L’acqua è un elemento molto caro alla Repubblica Ceca, il Paese infatti annovera un numero significativo di centri benessere e piscine, probabilmente da collegarsi all’ irrealizzabile sogno di avere un mare.  Il  progetto del Padiglione è partito dal tema “acqua” concretizzatosi nella realizzazione della significativa zona piscina oppure i progettisti hanno dato avvio al progetto partendo da altro?

L'acqua è in effetti al centro di EXPO Repubblica Ceca, sia per quanto riguarda l'architettura, sia per i contenuti delle mostre. Senz'altro in Repubblica Ceca c'è una grande tradizione nella costruzione di grandi piscine pubbliche, forse proprio per sopperire alla mancanza del mare: in epoca sovietica era molto difficile per i cechi andare al mare in Polonia o in Germania dell'Est, figurarsi arrivare a vedere il Mediterraneo! In questo caso, però, l'elemento acqua è stato preso perché è alla base della vita, è il vero e principale “nutrimento” della Terra; la Repubblica Ceca è all'avanguardia nella purificazione dell'acqua tramite nanotecnologie: acqua pura a basso prezzo significa vita in molte aree del globo. 

Inoltre, l'acqua è anche sostenibilità ambientale, è raffrescamento naturale: i progettisti hanno voluto disegnare una grande vasca proprio per aiutare i visitatori a fronteggiare il caldo estivo milanese. Inizialmente, questa vasca doveva essere una vera piscina; poi, a causa dei regolamenti di igiene e di alcuni fattori di sicurezza, la piscina si è trasformata in una vasca con pochi centimetri d'acqua, ma pur sempre apprezzata dal pubblico che vuole rinfrescarsi i piedi dopo una giornata passata all'EXPO! 

Il Padiglione presenta all’ interno 3 macro aree : la Fantasy and Fairy Tale Land, l’area dedicata al Laboratory of Life e una terza porzione chiamata Ideal Land. Quali sono le attività che è possibile svolgere all’ interno di queste aree da parte dei visitatori?

Il “fil-rouge” che collega le diverse mostre del Padiglione è rappresentato dalla scultura che troneggia all'ingresso: un'automobile che, lanciata a tutta velocità, si trasforma in uccello. Natura e tecnologia, uomo e animale, elemento artificiale e elemento naturale: la Repubblica Ceca ci vuole insegnare che questi termini non sono contraddittori, ma che anzi possono lavorare in sinergia per garantire al pianeta un futuro migliore. Così nella prima area, i “Laboratory of Silence”, viene ricreata in modo artificiale una tipica porzione di foresta del Centro-Europa: il sottobosco è stato piantato ai primi di aprile, e continuerà a svilupparsi fino alla fine dell'esposizione, anche se in un interno, tenuto in vita da un vero laboratorio. 

Il visitatore “silenzioso” viene accompagnato nella scoperta del sottobosco, delle forme vegetali più minute e della biologia attraverso schermi, riprese, filmati. Nel “Laboratory of Life” sono invece esposte una serie di sculture, di cui alcune cinetiche, che trattano il tema delle nanotecnologie, della scienza applicata all'alimentazione e alla purificazione dell'acqua: arte, scienza, spettacolo vengono offerti ai visitatori in un racconto che si snoda fino al giardino sul tetto, dal quale si gode una meravigliosa vista sul Palazzo dei Congressi, sul Padiglione Zero e sul Decumano. Infine, nella sezione “Land of Stories and Fantasy”, la Repubblica Ceca si offre in tutta la sua bellezza, coi suoi castelli, le sue città, i suoi colli e le sue foreste. Al piano terra non si può poi dimenticare il bar, dove è possibile assaggiare la famosissima Pilsner ceca, la madre di tutte le birre! 

Alla fine di EXPO 2015 il padiglione vivrà vita nuova con una funzione diversa, diventerà un nuovo asilo modulare per la Repubblica Ceca . Quali sono le strategie da adottare per progettare una struttura che in futuro verrà rifunzionalizzata?
La trasformazione del padiglione in asilo è solo una delle proposte che sono in studio al momento; altre possibilità sono che diventi un museo a Praga, una scuola in Repubblica Ceca, la sede di un'azienda e anche un ospedale in Senegal, opzione quest'ultima studiata dal Politecnico di Milano e dalla FENCO (Federazione dei Consoli in Italia) all'interno di un progetto in corso di realizzazione della LifeNet Onlus. Questa versatilità è resa possibile grazie alla modularità del padiglione, alla sua capacità di disassemblaggio, trasporto e assemblaggio, alla leggerezza delle strutture e alla facilità di posa degli impianti. Inoltre, le partizioni esterne dell'edificio, tutte modulari – grandi finestrature o pannelli in acciaio coibentato – possono essere interscambiate, così da garantire la migliore illuminazione anche in una futura configurazione.

Quali sono state le scelte sostenibili adottate nel progetto del padiglione?

Il primo fattore è proprio quello del metodo costruttivo, che minimizza i costi – anche ambientali – e i tempi di costruzione. La costruzione a secco consente un risparmio di energia e di acqua non indifferente. La leggerezza dei moduli ha permesso inoltre di minimizzare le opere di fondazione: a differenza di tanti padiglioni che sono stati impostati su grandi platee in calcestruzzo armato, riducendo drasticamente la permeabilità del terreno e aumentando in modo esponenziale i costi – e i volumi – di smaltimento e rinaturalizzazione dell'area, il padiglione ceco si poggia invece su pochi plinti facilmente removibili a fine evento. La sua futura riconversione in edificio di servizio minimizza i costi di smaltimento e ne allunga il ciclo di vita, che per molti padiglioni sarà estremamente effimera. 

E' ormai assodato che una vera analisi di impatto ambientale si deve basare sul “cradle-to-cradle”, cioè sulla vita di un manufatto da quando viene creato a quando viene distrutto/riciclato/trasformato: il padiglione ceco permetto un riciclaggio quasi integrale, con costi di smontaggio, trasporto e rimontaggio estremamente contenuti. Un secondo elemento è il disegno architettonico previsto da Chybik+Kristof: la presenza della piscina e il grande vuoto centrale con lo scalone di accesso e distribuzione consentono di ottenere un buon effetto camino “rinfrescato”, mentre le lamelle che rivestono il padiglione ombreggiano opportunamente i locali interni. L'apporto di aria condizionata è quindi ridotto drasticamente, con grande beneficio ambientale. Il tetto verde, con graminacee, fiori e aromatiche, oltre a migliorare la terrazza dal punto di vista visivo, genera un micro-clima più fresco e contribuisce a rinfrescare i locali dell'ultimo piano. Infine, a livello impiantistico, non si sono dimenticati i pannelli per l'acqua calda sanitaria e i pannelli fotovoltaici ad alta efficienza.

In che modo architetti urbanisti e designer possono partecipare alla costruzione di un futuro equo e sostenibile?

Gli architetti, e con loro gli urbanisti, i designer e – non dimentichiamoli, perché sono forse coloro che maggiormente creano manufatti con grande impatto sul territorio – gli ingegneri, hanno una grande responsabilità. C'è una striscia satirica di Calvin&Hobbes che mostro spesso ai miei studenti di Architettura e Architettura Ambientale al Politecnico: presenta Calvin che gioca con le costruzioni, e che intanto immagina di essere un dio pantocreatore, un demiurgo crudele che genera un mondo per gli uomini che però richiede sacrificio e che genera disperazione e morte nei suoi abitanti; nell'ultima vignetta si vedono i genitori di Calvin che, fieri delle costruzioni del figlio, scommettono che da grande diventerà un architetto... L'architetto forse non è così “potente” da poter essere considerato un demiurgo nelle cui mani si trova il destino degli abitanti; ciononostante, sono convinto che un approccio più “umano” e più attento alle dinamiche ambientali possano essere di grande aiuto allo sviluppo sostenibile del pianeta, e anche ad una crescita della disciplina architettonica.

Quale sarà l’eredità che verrà lasciata da Expo 2015?


La domanda è tutt'altro che semplice. Se EXPO sarà soltanto un evento fine a se stesso, un grande luna-park gastronomico della durata di sei mesi, allora l'eredità sarà pressoché nulla. Se invece riuscirà ad essere un evento che parla di nutrizione, di persone, di ambiente, di sostenibilità, e le cui tematiche diverranno patrimonio culturale comune, allora si potrà considerare un grande successo. Per quanto riguarda l'eredità per Milano, sono molto curioso di scoprire come verrà rifunzionalizzata l'area: è assolutamente incredibile che, arrivati a luglio 2015, cioè a tre mesi dalla chiusura dell'evento, la situazione sia ancora così indefinita. 

Da architetto milanese, mi auguro che l'area possa diventare una zona della città dove l'elemento urbano e quello naturale si incontrino e collaborino in modo virtuoso, dove le tematiche di EXPO restino sottotraccia, mostrando che un futuro sostenibile è possibile e anche bello: insomma, una piccola EXPO che rimane in eredità a Milano, come fu nel secolo scorso il Parco Sempione, la Fiera Campionaria e, per quanto riguarda la Triennale, il QT8. 

Intervista a cura di Romina Muccio

Nicolò Riva | (Aosta, 1977) si laurea col massimo dei voti in Architettura presso il Politecnico di Milano nel 2002. Dal 2010, dopo aver conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Architettura degli Interni, insegna Composizione Architettonica e Architettura degli Interni come Professore a Contratto presso la stessa università.
Dopo un’esperienza di lavoro in Olanda presso Mecanoo Architecten (2002-2009), dove si occupa di grandi opere (teatri, musei, stazioni, complessi residenziali e terziari), ritorna a Milano per lavorare da libero professionista, ottenendo premi in diversi concorsi internazionali. Dal 2014 è manager e technical supervisor per il Padiglione della Repubblica Ceca ad EXPO2015. Nel 2015 è nominato architetto responsabile per FE.N.CO (Federazione dei Consoli in Italia) in un progetto di riconversione di alcuni padiglioni nazionali EXPO in centro di accoglienza ospedaliero in Senegal.

Nicolò Riva, architect PhD
sito personale www.rbpaa.it
EXPO Rep Ceca www.czexpo.com
costruttore www.koma-modular.cz

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